Tema del mese

Anteprima di dicembre: vivere di emozioni, con il cinema

Da Don Camillo al Timorasso, passando per Dino Risi

Arte popolare per eccellenza, il cinema dona emozioni, come ogni calice di vino

Era settembre quando concludevo l’anteprima del mese sul tema ‘Musica e vino’ con questa frase: “L’arte è emozione: vino e musica ci insegnano ad assaporare le cose del mondo con maggiore intensità, volando oltre la routine del quotidiano. Darsi la possibilità di sognare ci porta a camminare su nuove strade di percezione e di piacere”. Mentre la scrivevo, sentivo che questo pensiero andava oltre la musica e poteva anzi descrivere il rapporto tra il vino e qualsiasi altra forma d’arte. Con il cinema, ad esempio. Forse l’arte più popolare di tutte, quella che attraverso la televisione è davvero diventato parte del nostro quotidiano. Uno dei suoi più grandi interpreti del cinema italiano e mondiale, il maestro Federico Fellini, a tal proposito ci regalò questa massima: “Un buon vino è come un buon film: dura un istante e ti lascia in bocca un sapore di gloria; è nuovo ad ogni sorso e, come avviene con i film, nasce e rinasce in ogni assaggiatore”.
1.

Preti e santoni

Il concetto può apparire semplice, forse banale, ma secondo me esplora un’immensa profondità e dona a ognuno di noi la possibilità di relazionarsi con il gusto o con la visione di un film in base al proprio sentire, al momento, all’attenzione, al livello di conoscenza, con la massima libertà. Nessuno è padrone di una verità assoluta quando interpretiamo/gustiamo un’opera d’arte o un prodotto della natura.
Nella storia del cinema sono infinite le citazioni che riportano al vino, le incontriamo nei film italiani del dopoguerra fino alla straripante produzione hollywoodiana degli ultimi anni.
Ricordate l’eterna battaglia tra Fernandel/Don Camillo e Gino Cervi/Peppone, diretti da Luigi Comencini negli anni ’60, che prese spunto dai racconti di Giovanni Guareschi? I suoi film descrivevano un popolo appena uscito dalla guerra, pieno di conflitti e contraddizioni, ma che aveva anche la capacità di guardarsi in faccia e trovare risposte comuni ai problemi. Erano pellicole straordinarie, comiche, ironiche e popolari. I protagonisti, ispirandosi alla situazione politica dell’epoca, non potevano che essere un cattolico e un comunista. I due non perdevano occasione per litigare e azzuffarsi, ma la soluzione era sempre lì a portata di mano, nell’incontro, nel dialogo davanti a una partita a carte e a un immancabile bicchiere di buon vino.
Oggi il vino sta attraversando il suo periodo di massima espansione mediatica. Tutti ne parlano e ogni giorno nascono nuovi esperti in ogni angolo della terra. Alcuni di questi addirittura sembrano sacerdoti di un culto i quali, indossate le vesti liturgiche, ne cantano le sacre doti.

2.

Straziami, ma di vino saziami

A volte mi annoio, a volte mi diverto a osservare chi è convinto di possedere il Verbo: esperti che non permetterebbero a nessuno di contestare la loro visione o di immaginare qualcosa di diverso dalle loro percezioni. Una propensione alla chiacchiera e alla superbia tanto immotivata che arriva alla comicità involontaria.
Spesso al cinema pensiamo “Beh, è solo un film, nella realtà non accade”.
Penso a un capolavoro di Dino Risi, ‘Straziami, ma di baci saziami’ dove il protagonista, l’immortale Nino Manfredi, è un semplice cameriere.
Siamo nel 1968, un ingegnere della borghesia romana nella sua villa ospita una sfarzosa festa. Al culmine della serata annuncia pomposamente agli ospiti: “Abbiamo un Frescobaldi del 1911, esemplare unico. Un vino di 57 anni” e al cameriere ordina in tono perentorio: “Versa lentissimamente, come se fosse nitroglicerina. Lento, lento, alt!!!”. Proseguendo poi nel rito annusa, assaggia, ossigena il vino in bocca ed esclama: “Oh Maria Vergine, voi non avete idea. Amici miei che meraviglia! Io ho bevuto niente po’ po’ di meno che un vino delle cantine di Bettino Ricasoli, ma questo è veramente un vino unico, ha un che di mediceo. È una meraviglia” ed è a quel punto che il buon Manfredi interviene: “Signor Ingegnere, ce semo sbagliati, avemo aperto n’artra bottiglia… qui c’è scritto Cantina Sociale di Velletri, 1968”.
Esilarante ed anche preveggente, pare quasi che Dino Risi, che scrisse il soggetto con Age e Scarpelli, sapesse a cosa saremmo andati incontro nel futuro per descriverlo così bene.

3.

Il vino al cinema

Per concludere qualche riferimento a pellicole che hanno parlato del vino o ne hanno tratto spunto. Solo per citarne alcuni senza dilungarmi troppo:
• Ermanno Olmi, Rupi del vino, un documentario sul vino della Valtellina.
• Giovanni Veronesi, Non è un paese per giovani. In una delle scene i protagonisti ordinano il vino Timoroso che altro non è che Timorasso, e ne raccontano le innumerevoli proprietà.
• Antonio Padovan, Finché c’è prosecco c’è speranza. Una commedia tutta italiana tra le colline di Valdobbiadene;
• Tiziano Gaia e Paolo Casalis, Barolo boys, un documentario, che racconta un gruppo piccoli produttori vinicoli delle Langhe, che realizzarono negli anni ‘80 nuove tecniche di invecchiamento e affinamento del Barolo.
• Mario Mattoli, Miseria e Nobiltà, con l’indimenticabile Totò. Chi non ricorda la sua analisi del vino preferito? “…e ti fai dare due litri di Gragnano, frizzante! Assicurati che sia Gragnano; tu lo assaggi, fffhhh, se è frizzante, lo pigli, sennò, desisti…”

E una piccola curiosità nel finale: Edoardo Ventimiglia, che con Carla Benini ha costruito le fortune della cantina Sassotondo, come tutti noi aveva un nonno. Solo che il suo è stato il primo cameraman di Hitchcock. Chissà quanti fantastici racconti potrebbe farci sul mondo del cinema… quasi, quasi faccio un salto a trovarlo.
In alto i cuori e cin! cin!